Noi e il genere
Le idee sul maschile e il femminile sono andate cambiando costantemente nell'ultimo secolo, confrontandoci con rappresentazioni sempre più libere di ciò che potremmo o dovremmo essere, desiderare e ricercare in una relazione d'amore. Se i ruoli di genere tradizionali prescrivevano modalità rigidamente complementari ed eterosessuali di essere maschi e femmine, oggi quei ruoli convivono con la fluidità delle relazioni e delle identità. La sessualità come fenomeno umano non è binaria: in natura non tutte le persone sono o maschi o femmine, e anche all'interno di queste categorie esiste in realtà una varianza maggiore della differenza che le separa. Il genere però è un sistema simbolico ancorato alla dualità del maschile e del famminile, che può poi essere "naturalizzata" in categorie assolute, oppure essere messa in discussione e contestata.
Sono veri e propri paradigmi di genere che si confrontano nell'arena sociale, e che offrono agli individui delle diverse lenti per guardarsi dentro e dare significato a ciò che provano.
Nel concreto però il genere viene costantemente agito e tradotto in pratiche, abitudini, norme, organizzazioni, infrastrutture e artefatti, che ne veicolano le aspettative, i valori e le prescrizioni. Il fatto dunque che una data idea di genere prevalga in un dato contesto condizionerà le possibilità di scelta delle persone e avrà un impatto importante sulla loro possibilità di esprimersi e affermare il proprio valore.
Le idee di genere riflettono non solo l'idea che una persona ha del maschile e del femminile ma, di conseguenza, anche il suo modo di pensarsi come partner e come genitore, il suo modo di approcciarsi alle relazioni
relazioni familiari, al mondo del lavoro e a quello della creatività, nonché ovviamente a quello della sessualità. Le idee sul genere rappresentano uno degli architravi del nostro mondo interiore e richiedono profonda attenzione.
Le identità sessuali
Il nostro vissuto di noi stessi attraverso le lenti del genere è ciò che chiamiamo l'identità sessuale. Essa emerge e si stratifica dal primo momento di coscienza: comprende il corpo, la nostra esperienza di esso, comprende il nostro modo unico di sentirci maschi, femmine o nessuno dei due (o entrambi) e di esprimerlo, nonché la nostra predisposizione ad essere attratti e/o ad innamorarci in base (o meno) al genere dell'altro. Oltre naturalmente a tutti i pensieri, i dubbi e le emozioni che questi aspetti di noi stessi ci suscitano quando ce ne rendiamo conto.
Genere, sessualità e terapia
Le persone in terapia possono interrogarsi sulla propria identità sessuale, oppure possono avere idee molto chiare a riguardo, possono parlare di genere o non rendersi nemmeno conto delle proprie premesse, dandole completamente per scontate.
In ogni caso, come diceva Lynn Hoffman, quella del genere è una delle lenti importanti nel fare terapia, una chiave di accesso a molti aspetti della vita interiore e relazionale delle persone.
Personalmente, di tutte le idee, cerco di promuovere quelle che permettono di far emergere l'unicità di ciascuno nel rispetto della sua soggettività: ovvero della sua capacità di scegliere per sé stesso come soggetto.
Il percorso di armonizzazione di genere
L'identità di genere nucleare è un sentimento precoce e profondo che vede ciascuno collocarsi su uno spettro di genere, simile a quello della luce. Alcuni hanno un'identità chiaramente maschile o femminile altri no.
Le identità di genere che non corrispondono al sesso biologico (o alla sua categorizzazione normativa) sono dette transgender e non-binarie. Quando una persona sente una incongruenza tra il suo sesso biologico e la sua identità di genere, ciò può produrre una profonda sofferenza, chiamata disforia di genere.
In questi casi è necessario un percorso di armonizzazione di genere, anche detto di transizione, volto ad accompagnare la persona a trovare un modo di vivere il suo corpo che sia in armonia con il suo vissuto profondo.
I passaggi previsti sono graduali e comportano un'esplorazione del cambiamento, a partire dagli aspetti più facilmente reversibili per passare via via a passi più definitivi.
Il focus del lavoro di supporto sarà dunque di norma:
- prima psicologico: un'esplorazione delle proprie idee del maschile e del femminile, e dell'identità sessuale;
- poi sociale: un'esplorazione dei modi di esprimere il proprio genere, coinvolgendo gli altri nel riconoscimento della propria identità;
- poi endocrinologico: il medico specialista, con il nulla osta dello psicologo, interviene per un trattamento ormonale maschilizzante o femminilizzante;
- poi, legale, con l'intervento dell'avvocato che, con una relazione psicologica o psichiatrica, chiede al giudice di autorizzare gli interventi demolitivi e il cambio anagrafico.
- infine chirurgico con l'intervento di affermazione di genere (cambiamento del sesso).
Dal mio punto di vista, nessuno di questi passaggi dovrebbe essere mai inteso come un "test" dell'identità del soggetto: piuttosto credo che ad ogni step del percorso la persona realizzi un diverso livello della transizione, scoprendone l'impatto sulla sua vita, che prima poteva solo essere immaginato. La domanda non è quindi se l'armonizzazione sia necessaria o no, ma quando essa risulta soddisfacente. Potrebbe essere sufficiente cambiare le proprie idee troppo binarie per scoprire una possibilità di pensarsi consona al proprio sentire, oppure potrebbe essere necessario sentire riconosciuta la propria idenità maschile, femminile o non-binaria nelle relazioni sociali, o modificare i propri caratteri sessuali secondari. Oppure sarà sentita la necessità di andare fino in fondo in una piena riassegnazione chirurgica del sesso. Ogni percorso di armonizzazione è unico e il compito dello psicologo non è quello di stabilire dall'esterno che cosa sia buono per la persona che chiede il suo supporto, quanto assicurarsi che le sue scelte avvengano in modo ponderato e consapevole.
Per approfondire:
ONIG - Osservatorio Nazionale Identità di Genere
Ferrari, F., Ragaglia, E.M. e Rigliano, P. (2017). Il “genere”. Una guida orientatativa. SIPSIS.